Guglielmo Marconi, breve storia della sua vita

«Ecco, è tornato il Marconi…».

«Il Marconi, ma come Marconi? È il mio papà e si chiama Giuliano, chissà perché dicono tutti così quando torna casa dai suoi viaggi…».

Guglielmo Marconi

Non l’ho capito finché non sono cresciuta abbastanza da sapere chi era il Marconi di cui si parlava, era Guglielmo Marconi, lo scienziato che aveva inventato la radio e le radio-telecomunicazioni. Il mio papà faceva il marconista sulle grandi navi che attraversano gli oceani, e tutti quelli che facevano quel lavoro, che rendeva possibili le comunicazioni fra mare e terra rendendo la navigazione più sicura e meno solitaria, venivano soprannominati Marconi in suo onore. Anche la parola “marconista”, che sta per radiotelegrafista, è stata inventata in suo ricordo.

A casa mia c’era un vero culto per Guglielmo Marconi. Mio padre era fissato su di lui, e nella nostra casa un’intera stanza era occupata da radio di ogni tipo, transistor e strane apparecchiature per la comunicazione. Quando papà tornava a casa spesso si chiudeva lì a parlare con il mondo, forse ne sentiva la mancanza quando era a terra, o forse non ne poteva più di noi bambini che gli saltavamo sempre intorno. Noi pensavamo che fosse una persona veramente speciale: arrivava ogni sei mesi carico di regali e ci faceva parlare in strane lingue dentro quegli apparecchi: nessuno aveva un papà così strano e sempre pieno di regali così esotici. Quando siamo stati un po’ più grandi ha iniziato a raccontarci la vita di Marconi, una vita fantastica, piena di luci ma anche di qualche ombra.

Guglielmo Marconi era nato a Bologna il 25 aprile del 1874, secondo figlio di Giuseppe e di Annie Jameson, una giovane irlandese dalla bella voce, che si era innamorata giovanissima di Giuseppe mentre studiava il bel canto in Italia. Giuseppe era vedovo, e aveva un altro figlio avuto dalla prima moglie. Oltre alla casa di Bologna, la famiglia possedeva una villa fuori città, in collina, Villa Griffone a Pontecchio, e fu proprio qua che Guglielmo iniziò i suoi esperimenti.

Marconi

Marconi davanti a Villa Griffone

 

Alla fine del XIX secolo gli scienziati di tutto il mondo lavoravano sulle onde elettromagnetiche. Esisteva già la telegrafia con l’alfabeto Morse, ma in assenza di collegamento con i fili non esisteva alcun mezzo veloce di comunicazione. Scienziati come Ampère, Faraday, Maxwell e Hertz avevano iniziato esperimenti con le scariche oscillatorie, e Marconi partì proprio dal lavoro di Hertz per dare inizio ai suoi esperimenti. Con pochi mezzi realizzò un trasmettitore di impulsi, che attraverso un apparecchio trasmittente poteva inviare onde a distanza fino a un apparecchio ricevente, e perfezionò il tutto inventando il sistema antenna-terra. Famosissimo (almeno per me che l’avrò ascoltato non so quante volte) l’aneddoto della prima sperimentazione all’aria aperta: all’inizio Marconi aveva fatto i suoi test nei dintorni della casa, ma ora bisognava provare il sistema all’aperto, su distanze maggiori e con ostacoli fra i due apparecchi. Guglielmo spedì allora Alfonso, il fedele fratello maggiore, oltre la collina dietro la loro villa, con l’apparecchio ricevente e un fucile, e se il fratello avesse sentito arrivare il segnale doveva sparare in aria: lo sparo arrivò, immediato! Ma l’euforia per la conferma del suo lavoro fu presto raffreddata dall’accoglienza gelida della sua idea, ignorata dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni a cui Marconi l’aveva sottoposta. Delusissimo, Marconi decise di trasferirsi con la madre in Inghilterra, dai parenti di lei. Marconi giunse a Londra nei primi mesi del 1896, e l’anno seguente finalmente brevettò la sua invenzione, ovvero Perfezionamenti nella trasmissione di impulsi elettrici e segnali, e relativi apparecchi. Il Ministro delle Poste inglese, William Henry Preece, capì perfettamente la portata dell’invenzione di Marconi, e lo sostenne ampiamente. Così poterono essere effettuati molti altri sperimenti, a distanze sempre maggiori, che confermarono l’importanza dell’invenzione: la telegrafia senza fili, il wireless, stava diventando realtà. Da questo momento in poi la vita di Marconi subì un’accelerazione incredibile: la stampa iniziò a parlarne, e tutti volevano assicurarsi i diritti dell’invenzione, lusingandolo con grandi offerte di denaro. Marconi però era ben consapevole della portata rivoluzionaria della sua invenzione, così come della necessità di continuare a migliorarla, e ignorò tutte le offerte fondando una sua società.

Marconi e i suoi collaboratori a Cape Cod nel 1901

 

La sua capacità di unire alla ricerca scientifica l’abilità negli affari lo rese ricco, ma attirò su di lui gli strali di molti scienziati, che dubitavano della sua purezza di ricercatore. Marconi però andò sempre avanti, non ascoltando altro che le sue intuizioni, e in quegli stessi anni iniziò i suoi esperimenti di trasmissione sulla Manica, che permisero di collegare alla terraferma gli equipaggi dei battelli faro e dei fari isolati, rendendo meno terribile il loro isolamento. Oggi può sembrarci impossibile, ma i guardiani stavano mesi e mesi senza alcuna possibilità di ricevere notizie. Nel 1900 le ricerche furono estese per verificare la possibilità di superare l’Atlantico con le onde radio, così da unire le due coste e mettere in contatto le navi e le persone che navigavano con le stazioni sulla terraferma: creando una rete che unisse tutto il mondo, soccorsi e notizie avrebbero potuto arrivare in tempo reale! Marconi infatti era convinto che le onde elettromagnetiche potessero superare l’oceano seguendo la curvatura terrestre. Gli altri scienziati allora lo ritenevano impossibile, ma come sempre aveva ragione Marconi.

Oggi dobbiamo pensare che senza di lui e le sue invenzioni non ci sarebbe niente di tutti quegli oggetti elettronici che riteniamo indispensabili alla nostra vita, e anche i satelliti, i radar e i radio telescopi sono figli delle sue intuizioni. Nel 1901 realizzò il primo radio collegamento fra Europa e America, e installò la prima stazione radio permanente e di grande portata sulla costa di Cape Spear, in Terranova; in seguito molte altre ne furono costruite. Nel gennaio del 1903, attraverso la stazione di Cape Cod, il Presidente Theodore Roosevelt e il Re Edoardo VII d’Inghilterra si scambiarono messaggi in contemporanea. Oggi, una bellissima spiaggia del National Seashore di Cape Cod  si chiama Marconi Beach.

Marconi Beach, Cape Cod

 

Nel 1905 Marconi sposò l’irlandese Beatrice O’Brien, figlia di Lord Inchiquin, e ne ebbe tre figli, Degna, Giulio e Gioia, mentre una quarta, Lucia, morì subito dopo la nascita.

Nel 1909 per le sue scoperte fu insignito del Premio Nobel per la fisica, a riconoscimento del contributo dato allo sviluppo della telegrafia senza fili.

In quegli anni i rapporti di Marconi con l’Italia ripresero e si intensificarono: se prima erano state soprattutto l’Inghilterra e l’America a credere in lui, tributandogli onori e gloria, ora anche il Re e il Governo d’Italia gli erano più vicini.

Marconi a Coltano nel 1910

 

Nel 1910 fu realizzata la prima stazione radiotelegrafica d’Italia, nelle campagne di Coltano vicino a Pisa, e l’anno seguente entrò in funzione. La stazione di Coltano fu per molti anni il centro radio più importante d’Europa, e con la sua portata copriva un sesto della superficie terrestre. Abbandonata dopo i bombardamenti tedeschi della II Guerra Mondiale, purtroppo oggi è un luogo fatiscente e misterioso, ma il Comune di Pisa finalmente ha deciso di recuperarlo.

Marconi

La stazione di Coltano oggi

 

Per me rimane un luogo mitico, dove andavo ad annusare la storia della radio assieme a mio padre, che mi raccontava che proprio da questa stazione Marconi accese tutte le luci della statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro il 12 ottobre del 1931, per l’anniversario della scoperta dell’America, una cosa che ho sempre considerato magnifica e magica. Ma in realtà era stato con la tragedia del Titanic che tutto il mondo aveva capito l’importanza basilare delle trasmissioni radio per la salvezza delle vite umane in mare: se i telegrafisti del Titanic non avessero potuto inviare il segnale di soccorso forse non si sarebbe salvato nessuno. Il problema fu che le navi più vicine al luogo del disastro non avevano una stazione ricevente a bordo, e quando finalmente arrivò la prima nave che aveva ascoltato il segnale di soccorso era già passato molto tempo, e il freddo delle acque aveva già fatto molte vittime. Da quel momento fu però chiara a tutti l’importanza di avere su ogni nave la stazione di telegrafia, e da allora il telegrafista diventò il personaggio più amato dell’equipaggio, quello che li avrebbe salvati in caso di tragedie, ma anche la persona che avrebbe inviato e ricevuto le notizie da casa. Per tutto il tempo da trascorrere in mare sarebbe stato il legame con la terra e con gli affetti, quello che riceveva le confidenze di tutti, una sorta di confessore laico della nave.

Un marconista nel 1913

 

Marconi intanto continuava a sperimentare e viaggiare in tutto il mondo, lavorando sui radar, sulle onde corte e sulle microonde, che noi ora usiamo per cose anche molto banali (vedi il forno per scaldare in un secondo un bicchiere di latte!)

Nel 1918 la famiglia Marconi si stabilì a Roma, a Villa Sforza Cesarini sul Gianicolo, e in quell’anno persino il Vaticano volle installare una propria stazione radio.

Ma si sta avvicinando il momento in cui in mito di Marconi si lega alla mia piccola storia familiare. Nel 1919 Marconi acquistò a Southampton per 19.000 sterline uno yacht di 75 metri, costruito in origine per l’Arciduchessa Maria Teresa d’Austria, e lo portò a La Spezia per trasformarlo in un laboratorio scientifico, ribattezzandolo Elettra. Possedere una nave dove poter condurre esperimenti senza distrazioni e senza suscitare la curiosità di chi gli stava intorno era stato da sempre il suo più grande desiderio. Negli anni ’20 e ’30 del Novecento ogni estate il suo grande panfilo ormeggiava davanti a Viareggio. Appena fermo, l’Elettra era preso d’assalto da patini e piccole imbarcazioni cariche di persone che volevano omaggiare il grande Marconi, mentre a volte era lui, elegantissimo, che scendeva a terra e andava a sedersi al Caffè Savoia in Passeggiata. Mio padre sosteneva di averlo visto quando aveva solo quattro o cinque anni e di non aver mai scordato né lui, né la sua candida bellissima nave. Viareggio fu anche teatro della sua storia d’amore con Cristina Bezzi-Scali, che vi soggiornava in estate con la famiglia: Marconi invitava i Bezzi-Scali sull’Elettra, oppure cenavano vicini ai tavoli del Savoia quando scendeva a terra. Nel 1927 Cristina sarebbe divenuta la sua seconda moglie.

L’Elettra

 

Come si è detto, sull’Elettra Marconi aveva un laboratorio in cui sperimentava e inventava, e penso che quella nave fosse il sogno di mio padre bambino. Io intanto, mentre lui mi raccontava, lo sfinivo chiedendogli di cambiare il mio nome, che Elettra mi sembrava bellissimo e unico, e perché non mi avesse chiamata così. In fondo Marconi l’aveva dato alla sua ultima figlia, nata nel 1930 dalla seconda moglie,  ma pare che mia madre lo considerasse un nome troppo eccentrico, e forse aveva ragione! L’Elettra era una nave mitica, bellissima, che solcava i mari di tutto il mondo, descritta da D’Annunzio come «la candida nave che naviga nel miracolo e anima i silenzi eterei del mondo». Fu sull’Elettra che Marconi intuì la possibilità di trasmettere in onde corte, scoperta che rese obsoleta la trasmissione su onde lunghe, usate fino ad allora: Marconi quindi superò sé stesso! Inoltre vi iniziò gli studi sulla televisione e sulla navigazione cieca, il cosiddetto radiofaro Marconi.

Sulla fama e la memoria di Marconi pesarono poi in seguito i suoi legami col Fascismo. Marconi all’inizio era molto incerto su come considerare Mussolini, tanto che ricevette accuse di essere filo britannico, poi ne divenne sostenitore: pensava che davvero potesse essere per l’Italia l’Uomo del Destino, e poi Marconi era devotissimo al Re e alle sue decisioni. Negli ultimi anni della sua vita però mutò giudizio: gli era divenuto evidente che l’interesse che Mussolini gli manifestava era dovuto solo al prestigio di associare al regime un personaggio amatissimo e rispettato in tutto il mondo. Il suo lusingarlo con le visite sull’Elettra altro non era che cercare di risplendere di luce riflessa, pavoneggiandosi davanti al mondo attraverso il suo nome. Marconi ne fu profondamente deluso, anche se non interruppe mai i rapporti con Mussolini e il suo governo.

Marconi

Passeggiata, anni ’30

Anche gli ultimi anni della sua vita sono legati all’Elettra e a Viareggio. Marconi soffriva purtroppo di crisi cardiache, che dal 1933 in poi si erano intensificate. Nel 1936 i medici gli impedirono di compiere lunghi viaggi, suggerendogli di fermarsi a Roma, per spostarsi solo in luoghi facilmente raggiungibili. Così all’inizio dell’estate del 1937 decise che sarebbe venuto a Viareggio, all’Hotel Astor, con l’Elettra ormeggiata davanti all’albergo, in modo da poterla raggiungere facilmente. La figlia era già a Viareggio con la nonna, e la mattina del 19 luglio Marconi accompagnò la moglie alla stazione per prendere il treno per Viareggio. Il 20 sarebbe stato il compleanno della piccola Elettra, ma aveva ancora delle cose da sbrigare a Roma, e si sarebbe messo in viaggio il 21. Marconi però non arrivò mai a Viareggio, nel pomeriggio dello stesso giorno si sentì male. Sembrava una delle tante crisi cardiache, non più grave delle altre. I medici arrivarono subito, ma alle 3.45 antimeridiane del 20 luglio del 1937 Marconi morì. I funerali a Roma furono grandiosi, con delegazioni da tutto il mondo, ma il tributo più impressionante fu quello resogli dall’Impero Britannico, che impose in tutti i suoi territori l’assoluto silenzio radio per alcuni minuti: nessun messaggio venne trasmesso né ricevuto, le stazioni della BBC interruppero le trasmissioni, e fu allora che mio padre bambino decise di diventare Marconista.

Claudia Menichini
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6 comments to “Guglielmo Marconi, breve storia della sua vita”
  1. L’articolo è molto ben fatto e direi completo nelle sue parti essenziali.
    Vi un errore nell’indicazione del nome della madre di Marconi: non Annie Jamenson, ma Jameson.

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