Live: Asino e Do Nascimiento

Martedì 30 settembre ho assistito ad una performance live degli Asino e dei Do Nascimiento a casa di Alessandra Princi, a Pisa, organizzata da Davide Cappai. Insolita quanto geniale idea quello di organizzare dei concerti a casa, e non all’interno di locali, perché meno ufficiale,  intimo e straniante allo stesso tempo. Eravamo una trentina, tutti comodamente stipati e ansiosi all’interno del salone di casa Princi. Tra una sigaretta, qualche chiacchiera e una boccata di birra attendevamo i musicisti…

10418338_734256893276490_6527871508011948409_nMa loro erano lì, insieme a noi, che discutevano tranquillamente, privi di quell’alone da “star pre-concerto” che spesso caratterizza i gruppi emergenti. L’inizio del concerto è stato un favoloso ex abrupto: gli Asino, in due, batterista e cantante chitarrista, hanno aperto con la solita vena epilettica che caratterizza l’hardcore/indie nostrano, e hanno condotto la performance con una grande presenza scenica, dolcemente offensiva e coinvolgente. Testi crudi, citazioni di Bukowski, esperienze della vita di tutti i giorni “dalla nonna che si incazza e bestemmia agli animali strani e inventati”, da un amico che è diventato punk durante il carnevale, alla birra sulla spiaggia la sera.

Mentre li ascoltavo, il database del mio cervello iniziava a catalogare tutte le possibili influenze del gruppo: post-punk, per quella vena lamentosa e malinconica; hardcore degli Zeus ammorbidito, per la grinta selvaggia che dimostrava il batterista; Marlene Kuntz, Teatro degli Orrori e Afterhours, per quella voglia di cinismo gratuito e sofferto che tanto piace all’alternativismo musicale dei nostri anni, follia e fantasia iper-combinatoria, immediatezza creativa, estrema sincerità e ironia intelligente; insomma un perfetto connubio di rabbia, innocua blasfemia, tempi dispari, sana critica ai rapporti umani e violenza strumentale che ricerca lucide riflessioni sulla follia.

Mentre ascoltavo gli Asino mi sono resa conto che non stavo più ascoltando la canonica formazione delle band con le varie gerarchie interne: come nei Wanderlust o nei Mombu la musica ora viaggiava su una linea orizzontale, il basso mancava, ma il post-punk riusciva a farsi vivo comunque, il cantante non era un vero frontman, ma un “compagno di lotta” del batterista che, come in ogni band hardcore che si rispetti, ha un ruolo tutto suo: canta, grida, salta sul panchetto mentre suona, sfascia i piatti e fa casino, ma in questo caso risulta estremamente bravo, coinvolgente e versatile. Si può dire che è lui il frontman della band, o meglio che in queste band non ci sono regole perché tutto cambia e si mescola: finita la splendida e viscerale performance degli Asino sono infatti “saliti sul palco”, o meglio si sono avvicinati agli strumenti, i Do Nascimiento che, mischiati alla formazione precedente, hanno espresso anch’essi la loro furia, ma rispetto agli Asino lo hanno fatto con tonalità più solari, tenui e più tendenti al punk americano, alle sonorità cantautoriali giovani e già stanche ma sempre coniugate con un pizzico di hardcore. I cantanti si alternavano e l’asta del microfono si trasformava in un palo rituale a cui girare intorno convulsi.

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A corredare lo spettacolo, come in un vero live, i gruppi hanno esposto le loro magliette e i loro album: vinili e cassette con le facce dei calciatori anni 80-90 di cui il mio ragazzo ha riconosciuto una vecchia stella del Pisa (sono estremamente ignorante e poco fisionomista quando si tratta di calcio), magliette con il primo piano stile fototessera di Luca Giurato o con qualche scatto dei grandi del basket e, per creare lo spazio della performance, hanno delimitato il “palco” con un cartonato di un t-rex e con quello di Maradona ritratto nell’atto di baciare la coppa del mondo.

Che dire? Devo ammettere che queste due performances, che ho apprezzato moltissimo, mi hanno aperto a un mondo musicale sotterraneo: qui si può veramente parlare di nuove subculture dopo che tutto è diventato “moda”, si sente veramente, sia nel modo con cui le due band si sono presentate, che nello stile musicale adottato, sia nella merchandise esposta che nella location scelta, un’attitudine a dare corpo a nuove tendenze musicali e culturali. Mi ha colpito, per l’appunto, l’inizio di un pezzo degli Asino: “Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile”, l’ho visto come la ripetizione alienante di quello che il nostro mondo sta diventando, un mondo in cui i contatti si fanno sempre più aridi e meccanici, sfibrati e solipsistici, dove il poco che resta è la rabbia costruttiva, volta a dare fondamenta per una forma mentis migliore, e l’ironico cinismo sul trash del passato. Cattiveria hardcore, malinconia punk, Maradona, Luca Giurato, un pezzo di carne cruda sulla copertina di un disco, le cassette con le facce dei calciatori, componenti dei gruppi che si scambiano tra loro, gli Asino che aprono dicendo “Salve, siamo i Marlene Kuntz”, la gente che sorride timidamente e alla supposta fine della canzone non sa se applaudire, perché aspetta che il cantante dica “ragazzi la canzone è finita”; non sono altro che i punti cardine di questo nuovo incontro, dove i musicisti non sono altro che semplici persone come noi.

Come dicono i Do Nascimiento sull’home page del loro sito: “CIAO, Ora che sei arrivato qua poi andare dove vuoi, ehm ti avviso, nel tastino news non troverai molta roba”; e con lo stesso tono gli Asino si presentano: “ASINO è formato da due somari di nome Orsomaria Arrighi (chitarra valigia e voce ragliata) e Giacomo Ferrari (batteria e cori ragliati).
[…] Se anche voi non eravate un granchè a scuola, avete sempre preferito questo simpatico e testardo equino al ben più blasonato cavallo, se nel presepe mettete solo asinelli al posto delle pecorelle e se anche voi preferite il latte di Equus asinus quello della vostra mamma, non vi resta che inseguirli. Sono velocissimi”.

Finito il concerto mi sono messa a pensare con cosa poter chiudere questo articolo, e mi sono detta: “Credo che con queste performance abbiamo davanti una nuova subcultura, quella generata dalla crisi, dall’ipertecnologia del web e dall’opposta ricerca di autenticità e semplicità attraverso l’ironia sul passato, in un mondo in cui tutto ritorna ciclicamente, dalla moda alla musica, dalla mentalità all’economia. Quello che c’era in quella casa, in quel concerto…Siamo noi o no?”

Virginia Villo Monteverdi.

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