L’associazione Lotus, il teatro e la memoria

Da Ugo Chiti a Norma Parenti il percorso

della memoria dell’ass. Lotus

Nel mese dedicato alla memoria vogliamo raccontarvi ancora qualcosa su una realtà che abbiamo già incontrato nei numeri passati: stiamo parlando dell’associazione culturale Lotus di Chiara Migliorini e Fernando Giobbi, con sede a Piombino, ma molto attiva sul territorio toscano in generale. La Lotus, viva e prolifica fin dal 2008, ha sempre avuto un’attenzione particolare, nel suo lavoro in teatro, per la memoria storica, quella che si costruisce tassello su tassello, componendo un puzzle fatto di racconti usciti da bocche diverse e spesso distanti. L’ultima produzione, ad esempio, è lo spettacolo dal titolo Io Sono Qui, ispirato alla vita e alle gesta della partigiana Norma Parenti di Massa Marittima (in provincia di Grosseto), trucidata dalle truppe tedesche in ritirata la sera del 23 giugno 1944. Ne abbiamo parlato con Chiara per farci raccontare nel dettaglio il punto di vista della Lotus.

La tematica della memoria storica non è stata affrontata dalla Lotus per la prima volta col lavoro su Norma Parenti. Come si è evoluto il vostro percorso di riflessione artistica su questo tema?

Possiamo dire che c’è stato un interesse per il periodo storico relativo alla seconda guerra mondiale fin da subito, da quando ci siamo interessati ai testi del drammaturgo toscano Ugo Chiti . Nel 2009 mettemmo in scena LotusAllegretto (per bene…ma non troppo), ambientato proprio poco prima che l’Italia entrasse in guerra: si trattava di una commedia grottesca dove venivano rappresentati i tipici personaggi di ogni paesino toscano, con i suoi pettegolezzi, i suoi tipi bizzarri, le sue storie e i suoi misteri. L’anno dopo eravamo intenzionati a portare in scena Quattro bombe in tasca, sempre di Chiti, ma non è stato possibile per motivi organizzativi. Si trattava di un testo ambientato nel cuore della seconda guerra mondiale e della Resistenza Toscana. Nello stesso anno il nonno del mio compagno Fernando, dopo lunghi anni di silenzio, ha iniziato a scrivere e raccontare la sua esperienza di partigiano nei boschi vicino Pomarance. Lui, Aroldo Salvadori, con l’aiuto della famiglia, è riuscito a dare ordine ai suoi racconti, alle esperienze di vita nella macchia, alle difficoltà di giorni di fame e digiuno, alla paura di morire. Così abbiamo deciso di non abbandonare il tema della Resistenza, bensì di approfondirlo. Non avremmo portato in scena Quattro bombe in tasca, ma avremmo costruito qualcosa di originale, in parte ispirato a ciò che avevamo letto in Chiti, ma soprattutto grazie ai racconti di Aroldo Salvadori.

altri tempi assoc. LotusNon solo, durante la stesura di quello che sarebbe stato il nostro spettacolo più replicato,Altri tempi, abbiamo raccolto testimonianze e storie di tutti gli attori. Ne è nata un’esperienza drammaturgica bellissima. Nel frattempo è morta mia nonna e con lei ho perso gran parte dei racconti appartenenti a una memoria che oggi ha un valore molto diverso rispetto a prima. Forse, come spesso succede, nel momento in cui senti che certe cose le stai perdendo, fai di tutto per tenerle, per conservarle, per tramandarle. Noi abbiamo iniziato con Altri tempi, la storia di una famiglia contadina che si ritrova stravolta dalla guerra: paure, aneddoti, vicinanze, amori, verità.  Dopo Altri Tempi il nostro interesse per questo periodo storico è aumentato e abbiamo iniziato a lavorarci anche con le scuole, in occasione del Giorno della Memoria per esempio, ma non solo. Sono nati gli spettacoli Nero come la neve, segnalato alle Rassegne di Teatro Scuola di Bagni di Lucca, Bellusco e Serra San Quirico, e La nebbia negli occhi, una riflessione sulle follie di Adolf Hitler e Magda Goebbels.

Entrando nel dettaglio dell’ultimo spettacolo, come avete lavorato, come avete scavato in una memoria non vostra per costruire “ Io sono qui”?

Otto anni fa, poco dopo averlo conosciuto, Fernando mi fece vedere un piccolo fascicolo su Norma Parenti, una sorta di opuscolo di poche pagine che lui conservava, scritto da Carlo Groppi, e mi disse: “Dobbiamo scrivere uno spettacolo su questa storia, su questa donna”. Ho detto subito di sì, ma non era mai il momento giusto per concentrarci su quella storia. Nel frattempo abbiamo cambiato sede, aperto una scuola, ci siamo trasferiti e le nostre attività sono cresciute. Così abbiamo deciso che il momento giusto (o forse no) doveva essere nel 2014. Lo scritto di Groppi non era sufficiente, di questa storia non si sa molto e mai si saprà temo. Le nostre domande erano rivolte più all’essenza che alla storia: chi era Norma Parenti, chi era come donna, come persona, al di là dei fatti storici e politici. La cosa che ci ha colpito di più è che fosse una fervente cattolica innamorata di un comunista (che poi ha sposato). Dalle nostre ricerche veniva fuori una donna istintiva, trascinatrice e trascinante, impulsiva, una donna di cuore e di pancia, amata e odiata.1479546_946835818678781_4640867805564439515_n Questo è l’aspetto che ci ha interessati da subito. Per cui la nostra idea dall’inizio era quella di fare un ritratto assolutamente soggettivo, in base alle suggestioni che le poche informazioni suscitavano in noi. Il 2014 era l’anniversario della liberazione di Massa M.ma, dove Norma ha vissuto la sua breve vita, e in quell’anno, fortunatamente, c’è stato un grande fermento intorno a questa vicenda: fotografie ritrovate, libri che stavano per uscire, spettacoli teatrali, un documentario. E questo è stato importantissimo da una parte, ma finché ogni singolo lavoro non ha visto la luce, ci è stato molto difficile riuscire ad avere nuove informazioni su questo affascinante personaggio. In questo momento abbiamo conosciuto Riccardo Bicicchi, regista e documentarista, nipote di Esperia Fiorenzani, migliore amica di Norma, che ha realizzato il documentario Il terzo giorno d’estate e con il quale abbiamo collaborato alla realizzazione della serie web per Il Corriere della Sera La Resistenza di Norma: il Norma Parenti di Lotus teatrocoraggio della libertà, nel 2015.

Mentre cercavamo di reperire informazioni, di capire con chi potevamo parlare, ci siamo resi conto che c’era una sorta di chiusura nel raccontare. La cosa ci ha scoraggiato. Non eravamo sicuri di andare avanti, non volevamo ostacolare nessuno o sembrare invadenti.

Ma la verità è che ci eravamo sinceramente appassionati a questa storia. Poi abbiamo incontrato il figlio di Norma, Alberto Mario Pratelli, e la sua famiglia, poco prima del debutto dello spettacolo. E questo ci ha ripagato di ogni timore e paura. Alberto ha accolto il nostro lavoro con commozione e disponibilità grande. Ci ha seguito in quasi tutte le repliche, è una persona molto importante in questo nostro percorso. E diciamo che dopo la sua conoscenza, tutto il resto, ostacoli e problematiche varie, non hanno contato più nulla. Noi abbiamo portato in scena un ritratto ispirato alla figura di sua madre, Norma Parenti: non sappiamo come fosse davvero questa donna, ma ciò che ha lasciato è grande, fossero anche solo le emozioni che ha suscitato in noi. Io sono sola in scena insieme ad 8 abiti appesi che diventano via via persone, fantasmi, ricordi. Emozioni forti, contrasti, passione, tenacia. Questo ha lasciato. E questo, a modo nostro, abbiamo voluto ritrarre.

10262117_946777795351250_4182024825895842743_nTornando invece all’incontro con Bicicchi devo dire che è stato piacevole fin da subito: c’è stata subito sintonia e voglia di collaborare. Interpretare Norma anche per un lavoro video in una docu-fiction è stato bellissimo. Nello stesso periodo di realizzazione della serie web avevamo delle repliche dello spettacolo in teatro ed è stato affascinante affiancare i due tipi di lavoro. Girare la maggior parte delle scene nei luoghi in cui Norma aveva vissuto non solo la propria quotidianità, ma anche gli episodi che avrebbero sconvolto la sua vita per sempre, è stato travolgente e mi ha aiutato ad entrare ancora di più dentro questa storia. E far parte di questo progetto insieme a Fernando, che ha interpretato proprio il marito di Norma, Mario Pratelli, è stato fondamentale. Senza di lui non sarei venuta facilmente a conoscenza di questa vicenda, di questa donna. Proprio qualche giorno fa La Resistenza di Norma ha ricevuto il premio Teletopi 2015 come miglior news videostorytelling ed è stata una grande soddisfazione.

Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto, come teatranti, a lavorare sulla memoria?

IMG_1704-367x550Riprendendo il discorso di prima, “come spesso succede, nel momento in cui senti che certe cose le stai perdendo, fai di tutto per tenerle, per conservarle, per tramandarle”. Il nostro mezzo di espressione è il teatro, perciò è stato del tutto naturale cercare di raccontare la memoria in un percorso del genere. Sia per me che per Fernando è molto importante coinvolgere i ragazzi, raccontando la memoria attraverso il teatro. Non è semplice attrarre i più giovani, si deve trovare una chiave specifica, originale, qualcosa che attiri loro l’attenzione, qualcosa che faccia loro capire che la Memoria è la nostra Storia e quindi la nostra Identità. Non possiamo lasciarla cancellare, dimenticare. Posso dire che, personalmente, questa esigenza di raccontare la memoria l’ho sentita nascere forte dopo una perdita e quindi dopo la consapevolezza che molto era andato perduto. Prima che morisse mia nonna c’è stato un incendio che ha completamente distrutto la sua casa e perciò tutte le sue foto, le foto di mio nonno, del matrimonio, i vestiti, i giocattoli di una volta, la cucina, i libri, tutto. E i ricordi.

Io avevo 22 anni. Certo, tante cose mia nonna me le aveva raccontate, sulla guerra o alla sua infanzia, o su quel tipo di quotidianità ora impossibile quasi da immaginare. Ma quell’episodio che è stato talmente traumatico che credo abbia avuto un ruolo determinante nella mia motivazione a cercare di conservare la memoria.

Avete in cantiere altri spettacoli/ performance sul recupero della memoria storica?

Sì, non per quest’anno in cui ci concentreremo invece sull’attualità. Ma per l’anno prossimo: vorremmo delineare un ritratto della figura di Edda Ciano Mussolini. Sarà una nuova sfida: un personaggio ostico, difficile, ma che ci incuriosisce. Un ritratto per raccontare gli anni bui della storia italiana.

Grazie a Chiara e a Fernando, grazie a chi, come loro, porta avanti la propria arte con una passione senza eguali.

chiara

Chiara Lazzeri

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One comment to “L’associazione Lotus, il teatro e la memoria”
  1. Ho seguito il vs. articolo, e dato che volete mettere in scena la storia di Edda Ciano Mussolini, a tal proposito vi informo che mia madre è stata sarta presso le proprie zie, le quali avevano un sartoria sul Viale Italia in Livorno (allora Viale Regina Margherita) che confezionarono vestiti per la famiglia di Costanzo Ciano, e per Edda Mussolini,oltre alle famose camice di seta nere, per Galezzo Ciano, che piacquero al Cavalier Benito Mussolini:
    Se può interessarvi particolari su Edda sarei ben lieto di darvi una mano.
    Tanto Vi devo Carloni Fabrizio.

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