Il caso: Blurred Lines

A chi appartiene questo sound?
Il Caso Blurred Lines e le “linee indefinite” tra omaggio artistico e plagio

Si è concluso a Los Angeles, lo scorso 15 marzo, l’ormai arcinoto Blurred lines Case, da tanti mesi al centro dell’attenzione del mondo musicale. La Corte di Los Angeles ha condannato Pharrell Williams e Robin Thicke a risarcire 7.3 milioni di dollari agli eredi di Marvin Gaye, stella musicale degli anni ’70: la giuria ha ritenuto che la canzone Blurred Lines di Thicke e Williams fosse troppo simile ad un classico di Gaye.

Desktop3

Riavvolgiamo il nastro. Nel 2013 Pharrell Williams, gigante del mondo della discografia, pubblica, con Robin Thicke, il singolo Blurred lines, che schizza rapidamente in vetta alle classifiche. I due dichiarano ai giornali di essersi ispirati, nella composizione di Blurred Lines, al sound di Got To Give It Up, celebre hit anni ’70 firmata Marvin Gaye. Non passa molto tempo e i figli di Gaye citano in giudizio Williams e Thicke per plagio.
Il 10 febbraio 2015 inizia il processo, che si rivela delicato proprio quanto la questione lascia immaginare. Da una parte si tenta di dimostrare che le due canzoni sono troppo simili, dall’altra il team legale di Williams e Thicke evidenzia l’impossibilità oggettiva di parlare di somiglianza tra le due canzoni, dato che le rispettive partiture non presentano alcuna uguaglianza, sebbene l’ “atmosfera” evocata da Blurred Lines possa ricordare quella di Got To Give It Up. Nel corso del processo non mancano momenti divertenti, come quello in cui Robin Thicke afferra una chitarra e si esibisce in un sapientissimo medley di canzoni dei Beatles, Micheal Jackson e tanti altri artisti per dimostrare che, in fondo, si assomigliano tutte. Il verdetto arriva il 15 marzo: la giuria all’unanimità dichiara Thicke e Williams responsabili per violazione del copyright di Got To Give It Up e li condanna al pagamento di 7.3 milioni di dollari in favore degli eredi di Gaye. I due cantanti annunciano immediatamente l’intenzione di presentare ricorso in appello.

La sentenza ha suscitato un certo scalpore nel mondo della musica. I due brani sono, infatti, scritti in una diversa tonalità, per strumenti e voci differenti, con un diversissimo testo: ad un’analisi oggettiva delle partiture, non presentano alcun elemento strutturale in comune, al punto da far dire a Joe Escalante che il verdetto della giuria

deve essersi basato sulle emozioni, perché non si basa su alcuna nozione di ciò che è tutelabile ai sensi del diritto d’autore di oggi.

Eppure i due brani potrebbero risultare, a migliaia di ascoltatori poco attenti, simili fino al punto di essere scambiati l’uno per l’altro! Questo è possibile perché Got To Give It Up e Blurred Lines hanno un importante denominatore comune: il sound, vale a dire l’insieme delle caratteristiche sonore, armoniche e timbriche di un brano musicale, e cioè la formula che produce l’atmosfera che dal brano stesso deriva. E imitare un certo sound è commettere un plagio? Certamente no! Se ogni sound avesse un “proprietario”, probabilmente non un solo musicista sulla faccia della Terra scamperebbe oggi ad un’accusa di violazione di copyright. Perciò il delicato problema è quello di definire le “linee offuscate” che indicano dove terminano i tratti salienti di un generico sound, imitabile, e iniziano le peculiarità del singolo brano, soggetto a copyright.
Nel corso del Blurred Lines Case, Williams e Thicke hanno dichiarato che la somiglianza tra Blurred Lines e Got To Give It Up sarebbe limitata proprio all’atmosfera creata, e non hanno mai negato di aver volutamente emulato “the feel and the sound” della hit di Marvin Gaye, che considerano tipici della musica anni ’70 in generale. I difensori dei due cantanti hanno enfatizzato che gli eredi di Gaye non potessero pretendere diritti su ≪un intero genere musicale≫. Ed ecco, quindi, la domanda cruciale: Got To Give It Up rappresenta un sound “tipizzato” o possiede degli elementi peculiari che lo rendono un prodotto unico? La corte di Los Angeles ha dato la sua risposta, che ha però ricevuto una gelida accoglienza da parte di molti artisti.

Come prima reazione sono rimasto scioccato, onestamente!- ammette il cantautore Keith Urban- Si tratta più che altro di un sound, un’atmosfera, uno stile e un genere di un’epoca, e nessuna di queste cose può essere protetta da copyright!

Non sarebbe la prima volta che un brano musicale rievoca il feel di un’opera precedente. L’omaggio artistico, anzi, è diffuso in musica più che in ogni altra arte. Il critico musicale classico Mark Swed del Los Angeles Times ha osservato come anche molti compositori classici si ispirino palesemente a composizioni precedenti, sostenendo – ad esempio – che la colonna sonora di Guerre Stellari di John Williams abbia un grande debito con lo Scherzo della Sinfonia in Fa diesis minore di Erich Korngold, scritta 25 anni prima. Il suo noto collega Randall Roberts, nell’articolo How the ‘Blurred Lines’ case could have chilling effect on creativity, pubblicato su LA Times il 6 marzo 2015, ha affermato invece che il fenomeno dell’imitazione nella musica pop è qualcosa di assolutamente normale:

Cosa c’è di nuovo? La musica pop è alla base di una forma di furto creativa, quella in cui ogni nuova generazione di artisti si basa sulle vibrazioni e le idee che li hanno influenzati negli anni formativi. Per ogni visionario sono un centinaio di ladri, e l’unica differenza è che uno celebra il suo furto, mentre gli altri sostengono di non saperne nulla.

http://www.latimes.com/entertainment/music/la-et-ms-blurred-lines-notebook-pharrell-williams-robin-thicke-marvin-gaye-20150306-column.html#page=1

Blurred-Lines

Lo stesso Roberts osserva anche come la sentenza della Corte di Los Angeles possa avere un effetto raggelante sulla creatività dei musicisti. In quanti, dopo un precedente di tale importanza, se la sentiranno di pubblicare nuove canzoni con il timore di essere citati in giudizio dagli eredi di musicisti noti o misconosciuti? Il caso Blurred Lines ha colpito il mondo musicale come un fulmine a ciel sereno. Los Angeles è la capitale dei colossi della discografia e a partire da questa autorevole sentenza – a cui d’ora in poi i giudici di LA dovranno necessariamente uniformarsi per futuri casi simili – potrebbe diffondersi un simile orientamento anche presso altre corti degli Stati Uniti.

Ha così dichiarato Howard King (avvocato di Williams e Thicke, n.d.a.) a Fox Business Network:

Abbiamo intenzione di esercitare ogni rimedio post-processuale a nostra disposizione per assicurarci che questo verdetto non resista  La vediamo come se fossimo al settimo turno di battuta di una partita che potrebbe arrivare ai turni supplementari. (…) Dobbiamo assicurarci che questo verdetto non resti in piedi, lo dobbiamo ai cantautori di tutto il mondo.

Al momento Pharrel e Thicke se la sono cavata con un risarcimento di 7.3 milioni di dollari a fronte di un incasso di circa 16 milioni di dollari. Incasso che, da quando è scoppiato il caso, sta crescendo sempre più velocemente, a dimostrazione del fatto che, nell’era di internet, ciò che conta davvero è essere al centro dell’attenzione dei media. Non importa se nel bene o nel male.

Valeria Donadio

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.