I cimiteri ebraici di Pisa e Livorno

Io porto con me, in un posto che chiamo casa, i miei affetti più cari, mentre sottovoce, mi ritrovo nella città dei defunti.

La tomba vicina all'ngresso del cimitero ebraico di Pisa, la tipologia tombale a prima si avvicina molto alle tombe più antiche dei cimiteri inglesi.

La tomba vicina all’ingresso del precedente cimitero ebraico di Pisa, sito nell’attuale ospedale di S.Chiara la tipologia tombale a prima si avvicina molto alle tombe più antiche dei cimiteri inglesi.

 

Questa frase mi ha accolto nel cimitero ebraico di Pisa: su un sepolcro di ingresso, dandomi il benvenuto in quel luogo sacro, mi parlava di Eros e Thànatos, Amore e Morte, Religione e Arte. Accostamenti che si fronteggiano, si ribattono, si affrontano.

In una società sempre più pervasa di nostalgia per i “cari bei vecchi tempi”, ci domandiamo se l’arte abbia ancora motivo di esistere, e dove ne possiamo ricercare i suoi motivi più profondi. Leggerò con piacere lo stupore di molti difronte all’affermazione che la Morte è una delle essenze dell’arte, la più universale di tutte probabilmente. La radice funebre del gesto artistico emerge per soddisfare il bisogno di catalogare la morte con gli schemi a noi conosciuti e rassicuranti: ed ecco allora le foto, i ritratti, le parole che cerchiamo per colmare un’assenza presente, e sostituire una presenza assente.

Questo, ovviamente, vale per molte delle società occidentali, soprattutto per quelle di culto cattolico, ma non è verità assoluta: incuriosita dalla diversità, sono entrata nelle città dei morti ebraiche alla ricerca di un altro tipo di strategia contro la morte, scoprendo una vena d’arte che ha sgretolato le mie certezze. Con non poco stupore mi sono accostata alla delicatezza di certi sepolcri, alla loro estrema sintesi ed al loro carico di storia, nella certezza sempre presente del monito “Polvere sei e polvere tornerai”.

Questi si distinguono da tutti gli altri cimiteri proprio per questa affermazione biblica: noi siamo polvere, e in quanto tale non dobbiamo avere barriere contro il mondo circostante alla nostra morte, nemmeno un contenitore come la bara, in modo da favorire il nostro contributo alla natura. Questa concezione oggigiorno viene comunque preservata, poiché nonostante l’obbligatorietà dell’uso della bara, essa viene forata nella parte sottostante per permettere alla natura di fare il suo corso. E proprio la natura è la fedele custode di questi luoghi, la matrona che ne gestisce il tempo la durata.

Il Cimitero ebraico di Pisa, esempio lampante di cimitero “extramoenia”

Il Cimitero ebraico di Pisa, esempio lampante di cimitero “extramoenia”

I cimiteri di queste comunità spesso ne evidenziamo i passaggi “di categoria” all’interno della scala di valenza sociale: Pisa prima e Livorno poi vedono il formarsi al loro interno di due delle più importanti comunità ebraiche toscane, che affermarono la loro presenza nel tempo con grande costanza, partendo dal dover seppellire in luoghi scomodi e incustoditi  per arrivare ai cimiteri monumentali.

Entrambe le città hanno visto il sorgere di ben quattro cimiteri ebraici, di cui almeno uno monumentale e tutt’ora in uso; Livorno, città ben più giovane di Pisa, ne conta ad oggi ancora due esistenti: il cimitero monumentale ebraico di Via I. Nievo, e quello di uso quotidiano ed in espansione nella località “dei Lupi”; la vicina Pisa invece ne conta ad oggi soltanto uno, monumentale, sito all’esterno della Porta Nuova e risalente al 1647.

Questo è uno dei luoghi ebraici di sepoltura più antichi al mondo, ed è uno straordinario testimone di ciò che significava essere extramoenia, “fuori dalle mura” della città: le lapidi e i monumenti sorgono quasi adiacenti alle vecchie mura cittadine, ed è impossibile guardarle senza notare il bianco accecante del Battistero di Piazza dei Miracoli; le mura solcano un confine netto che porta chi entra in un altro luogo, diverso e non riconosciuto dall’allora piano urbanistico, quelle stesse mura che accolgono in sé segni funerari di nomi incisi nelle pietre, di persone forse troppo povere per avere un sepolcro.

Persino nella liberissima città di Livorno le difficoltà iniziali furono molte e varie: la comunità ebraica livornese, formatasi in seguito all’emanazione delle leggi “Livornine” del 1547, seppelliva anch’essa fuori dalle mura e dal territorio consacrato, nonostante sulla carta fossero ben voluti ed accolti. La prima dimora di coloro che avrebbero contribuito alla fortuna della città fu quindi una spiaggia, detta “dei mulinacci”, insieme a cavalli, prostitute e turchi, per evidenziarne l’acattolicità: questa “esclusione” rimase sempre presente a Livorno per tutte le nazionalità che abitavano la città, fra cui inglesi, olandesi, alemanni, greci e turchi, che poterono avere solo grazie al tempo dei propri spazi di sepoltura che andarono a caratterizzare il tessuto cittadino, essendo di volta in volta espulsi o spostati dalla città.

Nel 1838 un editto granducale riavviò l’organizzazione cimiteriale cittadina in seguito all’emanazione, dell’Editto napoleonico di St Cloud, spostando di nuovo la locazione dei cimiteri già sorti, e la nuova cinta daziaria segnò il limite dove nacque il cimitero monumentale della città, tutt’oggi visibile, che conserva tra le altre,le tombe della famiglia Modigliani, Attias, Chayes, e varie tombe di rabbini famosi, come quella di Benamozegh. Questo sito fu attivo dal 1840 al 1900, anno in cui per mancanza di spazio la comunità avviò un nuovo cimitero, alle spalle di quello cattolico: entrambi sono ancora in uso e rappresentano un bell’esempio di convivenza e compresenza interreligiosa.

Esempio di tombe “coniugali” ebree,fine del XIX secolo. Come si vede ci è la ripetizione dello stesso monumento, a simboleggiare l'unità familiare. Cimitero ebraico di Livorno

Esempio di tombe “coniugali” ebree,fine del XIX secolo. Come si vede ci è la ripetizione dello stesso monumento, a simboleggiare l’unità familiare. Cimitero ebraico di Livorno

 

In entrambe le città ci sono caratteristiche molto simili, segni dell’unità del pensiero ebraico di queste comunità: per gli ebrei il corpo è sacro, poiché il corpo è l’unico mezzo di attuazione dell’anima, e quindi quando un ebreo muore, deve essere seppellito in un cimitero ebraico – come sta scritto nella Torà – […] mangerai pane con il sudore del tuo volto finchè tornerai dalla terra dalla quale sei stato tratto.

Questo è il motivo per cui gli ebrei non enumano le salme, e non spostano le lapidi: il rito funebre prevede una serie di passaggi che portano alla preparazione del defunto in modo da onorarlo nella morte, e non bisogna disturbarne il sonno eterno con i problemi dei vivi. Questa linea è sempre stata mantenuta. Anche se in passato, a causa delle continue dislocazioni dei cimiteri in seguito alle espansioni delle città, le lapidi più antiche sono state trasferiti nei nuovi siti, soprattutto nella città di Livorno.

Questi luoghi sono carichi di silenzio e natura, una natura vicina, che non fa da guarnizione, ma che spesso completa i sepolcri stessi: edere che si intrecciano con i rilievi decorativi ed alberi di fico che nascono dentro le sepolture stesse, guidano lo sguardo verso particolari altrimenti ignorati, come falene nascoste, o scritte angolari.

Il rapporto di compresenza ed arricchimento tra la natura ed i sepolcri ebraici

Il rapporto di compresenza ed arricchimento tra la natura ed i sepolcri ebraici

 

E’ bello notare quanto siano diversi da quelli che siamo abituati a vedere: la tipologia tombale, proprio come altre culture, subisce un’evoluzione, dalla forma bassa e definita dei prismi tombali che avevano una decorazione ridotta al minimo per evitarne i riconoscimenti, si arriva alle forme più elaborate e decorate, atte a evidenziare lo stato di prestigio della famiglia. Non ci sono volti perché il defunto non può essere ritratto; al suo posto si trovano vari simboli che hanno creato una vera e propria rete di interscambio tra nazioni diverse: a Livorno si trovano casi si tombe simili tra inglesi ed ebrei, con un bagaglio simbolico ricorrente, come la falena, la fiaccola rovesciata e l’urna velata.

Il simbolo della fiaccola rovesciata lo si ritrova sia nella cultura inglese che in quella italiana (Canova).

Il simbolo della fiaccola rovesciata lo si ritrova sia nella cultura inglese che in quella italiana (Canova).

 

esempio di falena scolpita a sn Livorno a ds PisaTutti simboli di morte, ognuno con un suo impatto: la falena è una farfalla, un animale leggiadro, che però, essendo notturno, riconduce alla bellezza e alla leggerezza dell’anima; la  fiamma della vita è capovolta, si spegne, come la vita del defunto. Inizialmente la tipologia “a prisma”, limitava la decorazione all’ambito naturale, e solo se era ritenuto necessario: spesso ci sono solo iscrizioni che ricordano la morte, o che celebrano il defunto con frasi bibliche e che caratterizzano le prime sepolture del Seicento, in cui è raro trovare una forma differente da questa.

Monumento funebre di G.Chayes, metà XIX sec., la cromia ed il pinnacolo rientrano perfettamente negli schemi artistici italiani.

Monumento funebre di G.Chayes, metà XIX sec., la cromia ed il pinnacolo rientrano perfettamente negli schemi artistici italiani.


L’evoluzione delle tombe è riflesso della condizione sociale della comunità e della sua evoluzione sociale
: con il passare dei secoli gli ebrei livornesi e pisani hanno affermato la loro presenza in maniera sempre più netta e radicata; i monumenti funebri del Settecento e dell’Ottocento si caratterizzano per la loro magnificenza, sia di materiali che di decorazioni, e per la loro estrema varietà: troviamo cappelle familiari, mausolei, tombe recintate con vari metodi, coniugi affiancati con due monumenti identici e possenti, stemmi elaborati ed addirittura una foto, come nel caso del sepolcro di Carlo Cammeo nel cimitero pisano.

Più lo schema decorativo si avvicina alla nostra comprensione, più esso riflette la situazione di persone che si manifestano italiane. “E’ come se tu vivessi in Israele da italiana” – racconta Snir, la guida – “tu vivresti come tale, perché non sei di quei luoghi, ma alla tua morte tu vorresti essere sepolta nel modo più vicino possibile al contesto in cui hai vissuto ”.

La spiegazione è tanto semplice quanto importante: ed ecco allora il ricorrere di tipologie monumentali tipicamente italiane, come il baldacchino a pinnacolo, o il tempio greco-romano; di cromie toscane, verdi e bianche; di zampe di leone quattrocentesche alla base dei sepolcri. Queste testimonianze hanno un alto valore artistico e culturale, che ci ricorda la straordinaria storia cosmopolita della nostra regione, un valore fortunatamente giunto fino a noi, e che la società contemporanea ci da l’occasione di sperimentare e preservare.

Foto scattate su gentile concessione delle comunità ebraiche di Pisa e Livorno.

Chiara Lo Re

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