Giorgio Michetti. Quando la dipendenza dalla bellezza migliora la vita

VIAREGGIO (LU) – Una delle peculiarità più piacevoli del fatto di lavorare attorno all’arte è la possibilità di conoscere gli artisti, alcuni famosi, anche molto, altri meno, e altri che probabilmente lo diverranno. Visitando i loro studi, studiando le loro opere e chiacchierando con loro mi sono accorta di una loro particolarità: o sono tormentati e si bruciano presto in un falò di creatività e ossessioni, oppure vivono tantissimo, spesso fino a un’età estrema, in cui la maggior parte dei loro coetanei, se ancora viva, è ormai preda di demenza senile e tragedie affini.

Forse c’entra anche un pizzico di fortuna, come in tutte le cose della vita, ma non è solo questo. Sono persone dalle ossa fragili ma non se ne preoccupano più di tanto, hanno l’aria ancora divertita per tutto ciò che li circonda, gli occhi ancora vivi, e continuano a creare, perché questo è l’importante. Animati da una curiosità vivissima, fanno progetti come se la morte non fosse un loro problema: è come se lo sforzo creativo li nutrisse, come se la curiosità per il mondo e le sue infinite possibilità li conservasse giovani. Conosco scultrici ottantenni che invitate in Cina progettano e realizzano sculture di cinque metri di altezza, artisti-performer che alla stessa età continuano a eseguire performance in cui io avrei timore di cimentarmi, incuranti di pericoli e rotture femorali, e novantenni che ancora lavorano in fonderia e ti raccontano entusiasti i loro progetti futuri. Così ho cominciato a chiedere loro quale fosse il segreto della loro longevità, e tutti, sorridendomi, mi hanno detto più o

Giorgio Michetti

meno la stessa cosa: è la voglia di creare e di scoprire ancora la bellezza del mondo, la capacità di guardare con profondità e attenzione persone e cose, in una prospettiva diversa, personale, libera da schemi precostituiti, e infine rielaborare tutto questo in dipinti, sculture, performance, disegni.

Così ho pensato di fare la stessa domanda all’artista più longevo fra quelli che ho avuto occasione di incontrare: Giorgio Michetti, classe 1912 (sì avete letto bene, ha 105 anni). Michetti è ancora tra noi, crea e dipinge. Gentile e sorridente, è sempre pronto, nonostante la stanchezza dell’età, a raccontarti la sua vita e la sua continua voglia di andare avanti. Sono andata a trovarlo nel suo studio di Viareggio, dove è nato e dove è tornato dopo molti anni di lavoro a Milano. Me l’ha fatto visitare, gentilmente mi ha aperto cassetti con centinaia e centinaia di disegni, e mi ha fatto vedere le belle illustrazioni per Pinocchio realizzate mentre era in guerra. Di guerre ne ha viste e fatte più d’una, ha ricordi della Prima Guerra Mondiale, quand’era bambino a Viareggio, della guerra d’Africa negli anni Trenta in Etiopia, e della Seconda Guerra Mondiale, a cui ha preso parte ricevendo anche una decorazione al valore. Mi ha parlato dei figli e della moglie, mi ha mostrato i disegni che creava per gli abbecedari degli anni Sessanta, i manifesti per il cinema e la pubblicità, le foto dei suoi dipinti e dei suoi affreschi, e persino un album doppio di Teresa de Sio Sindarella Suite – La storia vera di Lupita Mendera, realizzato nel 1988, una raccolta di canzoni contro la guerra. L’ultima facciata del doppio non contiene musica: Michetti vi ha rappresentato, incidendolo con segno guizzante e drammatico, uno degli episodi cantati. Poco prima mi aveva detto per gioco che aveva inciso un disco con la De Sio, e dopo abbiamo riso, era vero che aveva inciso un disco, ma non nel senso più comune del termine! Mi ha raccontato della sua curiosità per tutte le tecniche artistiche che ha imparato a padroneggiare durante la sua lunghissima carriera, si è cimentato addirittura anche con le anamorfosi! Alla fine mi ha mostrato i suoi ultimi grandi quadri sul tema delle quattro stagioni, realizzati quest’inverno. Quando anche a lui ho chiesto se fosse la dipendenza dall’arte e dalla creatività a farlo andare avanti ogni giorno, mi ha risposto: «Certo! Io vivo immerso nell’arte, ogni giorno quando mi alzo penso a cosa potrò creare». Non mi ha nascosto che alla sua età possano venire dei pensieri bui, ma li scaccia prendendo pennelli e matite e cercando il bello dentro e fuori di sé.

 

Prima di salutarmi mi ha regalato il manifesto dell’ultimo carnevale di Viareggio, uno dei più belli degli ultimi anni, dalla linea pulita ed essenziale, di grande impatto, me l’ha firmato e ha chiuso la porta del suo studio con un grande sorriso.

Sono uscita pensando che chi ha capacità di creare e di sognare ancora con occhi e cuore giovane, fa bene non solo a se stesso ma al mondo.

Claudia Menichini
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