Festa della Rocca di Ripafratta 2017. Ciò che è stato, ciò che sarà

RIPAFRATTA (PI) – Un paese bello e unito, assolato, disteso in un luogo di confine, pieno di energia, di “elettricità”, e felice di accogliere e organizzare la Festa della Rocca. Ripafratta ha dato il meglio di sé nel fine settimana appena trascorso, e c’è da dire che non ha molte occasioni per farlo. Purtroppo.
Quando accade è senz’altro merito dei cittadini dell’intero comune di San Giuliano Terme, delle istituzioni, ma soprattutto dell’associazione Salviamo la Rocca, che ormai non ha bisogno di presentazioni.

La chiacchierata qui sotto con Francesco Noferi – il presidente – vuole riassumere il significato della festa di quest’anno e tracciare qualche linea di futuro. Leggera, ma visibile.
 

Alcuni volontari dell’associazione Salviamo la Rocca di Ripafratta

 
Partirei da un bilancio della festa: le cose riuscite, le cose da migliorare.
«Come sempre, la grande protagonista non delude mai: sono state davvero tante le persone venute appositamente per vedere la rocca di San Paolino, da ogni parte della Toscana. Sempre di successo anche le altre attività: escursioni e rafting, orienteering e biciclettate. Segno che c’è davvero voglia di passare del tempo a scoprire o riscoprire le piccole realtà fuori dai grandi circuiti, che sono ormai sempre più in via di “disneyzzazione”, passami il termine. Il livello di autenticità che siamo in grado di dare noi piccoli borghi (specie quelli ancora da scoprire) non ha pari. E Ripafratta in questo ha talmente tante potenzialità che è stato un crimine non vederle finora.
Se dovessimo riflettere su qualche cambiamento (e lo faremo), direi che possiamo e dobbiamo lavorare ancora di più sulla comunicazione: quest’anno abbiamo fatto grandi passi avanti, ma non è facile intercettare il nostro pubblico, e serve ogni mezzo: online, carta, informazione. Non siamo una sagra o una festa medievale, più facili da comunicare. Il nostro pubblico vuole esperienze diverse, autentiche, storie, leggende, tradizioni, scoperte continue, e vuole partecipare attivamente: è informato, magari appassionato di storia, domanda, indaga, suggerisce, chiede come può aiutare, firmare, sostenere, essere partecipe.
Poi dobbiamo capire come riempire alcuni momenti di transizione; momenti in cui ad esempio è partita una visita e i partecipanti di quella dopo non sono ancora arrivati: per una manifestazione che dura due giorni, e non ha un impianto che catalizza in un solo momento i visitatori, il palinsesto non è facile da costruire. Siamo solo al quinto anno, possiamo crescere ancora tanto, ma non vogliamo le folle, le file di auto, i parcheggi selvaggi. Un modello che non ci interessa, impossibile da gestire e che manda in tilt l’equilibrio del territorio. “Non c’è nulla di più fragile dell’equilibrio dei bei luoghi”, come scriveva Marguerite Yourcenar. Vogliamo che visitatori e abitanti si mescolino, si conoscano e si rispettino».
 
 

Il campanile, ex torre militare

 
Quali le novità di quest’anno?
«Quest’anno per la prima volta, grazie alla parrocchia di Ripafratta, abbiamo fatto visitare il campanile medievale, che in realtà è un’antica torre militare, originariamente a difesa del borgo. E, grazie al Genio Civile, siamo riusciti a portare i visitatori anche sul muraglione che divide il fiume Serchio dal canale Ozzeri, una vista davvero mozzafiato a strapiombo su due corsi d’acqua, per scoprire un sistema idraulico e ingegneristico unico nel suo genere. E poi ovviamente il coinvolgimento delle scuole con i loro “progetti di recupero” del castello e il bis dei ragazzi della Filarmonica Sangiulianese, molto apprezzati, che hanno suonato sia il sabato che la domenica. Raddoppiato anche il lavoro dei volontari della parrocchia, per mettere a tavola davvero tante persone. E si è accentuata ancora di più la vocazione di luogo di confine, con le escursioni alle torri e ai castelli dell’Oltreserchio, e al borgo lucchese di Cerasomma. Non a caso avevamo anche il patrocinio della provincia e del comune di Lucca».
 
Sappiamo che c’è stata un’importante risposta istituzionale e a più livelli. Raccontaci di più.
«Importante è dir poco. È stata una bella soddisfazione avere con noi l’onorevole Maria Chiara Carrozza, il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, il consigliere regionale Andrea Pieroni, e ovviamente il sindaco di San Giuliano Terme Sergio Di Maio. È il segno che la salvaguardia e il recupero della Rocca di San Paolino non sono più una richiesta e una necessità solo locale. Il nostro bene storico ha valenza come minimo regionale, e la soluzione al suo abbandono va trovata su questa scala. I nostri ospiti hanno avuto parole di sostegno e di impegno, sia in pubblico che in privato. Questo ci carica ancora di più di responsabilità, e certamente carica di una responsabilità del tutto nuova anche il Comune di San Giuliano. Adesso non perderemo i contatti, ma terremo vivo questo interesse e questo impegno che le istituzioni ci hanno esplicitamente promesso. La nostra proposta, non appena sarà chiara la situazione della proprietà in un modo o nell’altro, è quella di aprire subito un tavolo tra le istituzioni locali, regionali e nazionali, per avviare un nuovo percorso di recupero. Insomma, non si libereranno di noi tanto facilmente!».
 

Da sinistra: Francesco Noferi, Sergio Di Maio (sindaco di San Giuliano Terme), Eugenio Giani (presidente del Consiglio regionale), Maria Chiara Carrozza (deputato), Andrea Pieroni (consigliere regionale)

 

Come ha risposto il territorio, al netto dei turisti? 

«Credo di dire una cosa abbastanza scontata se dico che coinvolgere il territorio è sempre più difficile che coinvolgere gli “esterni”. Eppure quest’anno ci sono state iniziative a cui, per la prima volta, hanno partecipato quasi più abitanti che turisti. Penso soprattutto alle visite al campanile, e ci vedo quasi un aspetto simbolico. Una lenta, faticosa ma progressiva riconciliazione con un territorio spesso snobbato, e con delle radici che potevano essere viste come aspetto secondario ma ora sembrano sempre più significative. La qualità della vita non si misura solo dalla quantità di verde che ci circonda o dai servizi (e tutto sommato abbiamo entrambi), ma anche da quanto ci sentiamo comunità, da quanto ci sentiamo appartenere l’uno all’altro e da quanto sentiamo nostre queste pietre che vegliano su di noi da secoli. Forse riscoprire gli angoli nascosti del tuo paese è un primo modo di ammettere che tutto sommato non sei solo, hai una storia condivisa con altri, qualcosa che vi lega, e certamente anche delle responsabilità nei confronti di tutto questo. Come scriveva Pavese in quel capolavoro che è La luna e i falò: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti». 

Ci sono aggiornamenti sul percorso di recupero della rocca?

«Il sindaco Di Maio ha annunciato pubblicamente di aver chiesto alla famiglia Roncioni, proprietaria della rocca, tramite il loro amministratore, di donare il bene storico al Comune. Una scelta condivisa con noi di Salviamo La Rocca. Fallite tutte le altre strade, è il momento di essere realisti: la rocca deve diventare pubblica se vuole avere speranze di un futuro recupero. E abbiamo tralasciato l’aspetto ideologico, ma si potrebbe anche dire che tutti i beni storici che appartengono a una comunità, locale o nazionale, dovrebbero essere pubblici, nel senso più alto e nobile del termine. Il gesto della famiglia Roncioni sarebbe quindi di grandissimo valore morale. Anche perché, a maggior ragione, sono stati per secoli il punto di riferimento di questo territorio. Il sindaco ha fatto capire comunque che l’attesa non può essere eterna, e che ci deve essere un limite, individuato nella fine di giugno. Se non ci sarà risposta o se la risposta sarà negativa, è chiaro che verrà rapidamente il momento di assumersi responsabilità importanti, tanto da parte del Comune quanto da parte della proprietà. Ma siamo fiduciosi».
 

La rocca di San Paolino vista dal campanile

 

Quali sono le prossime attività dell’associazione?
«La raccolta firme, che ha toccato quota 2.500 grazie alla festa, continuerà al Kinzica Fantasy di sabato e in altre occasioni simili, anche in estate. Grazie poi a Confesercenti Toscana Nord, che sta veicolando la petizione tra gli esercizi commerciali associati, il traguardo dei 5.000 sembra sempre più alla portata.
Abbiamo in cantiere poi delle belle iniziative insieme all’associazione Il Castello di Nozzano e al Gruppo Archeologico Vecchianese, per far scoprire non solo il nostro monumento ma tutto il sistema fortificato di confine. E si sta profilando un’importante collaborazione a tre, fra noi, il dipartimento di Ingegneria dell’Università di Pisa e il Comune per condurre ulteriori studi e progetti sulla rocca.
Ci sono poi continuamente gruppi che chiedono di venire a Ripafratta e ascoltare la storia della nostra fortezza, andando poi a visitare quanto possibile. Siamo sempre felici di accoglierli, anche se è un lavoro duro e abbiamo bisogno di sempre più volontari. Per inciso, se siete interessati a darci una mano scriveteci a info@salviamolarocca.it. Quest’anno una delle nostre soddisfazioni più grandi è aver raddoppiato il numero dei volontari impegnati nella festa. Ragazzi, giovani o meno giovani, di Ripafratta o da fuori, ma tutti entusiasti come non si vedeva da tempo da queste parti. In fondo, alla fine, sono sempre le persone che fanno la differenza».
Francesco Bondielli
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