Erba d’Arno, trentacinque anni di cultura

In questo mondo dove impera la TV, la nostra
iniziativa rimane un pegno di valore, che non
vogliamo assolutamente chiamare “sopravvivenza”,
semmai, usando la vecchia immagine, filo d'erba 
seme fecondo, segno di vitalità.
L'editore Aldemaro Toni

L’editore Aldemaro Toni

Con queste parole Aldemaro Toni riassumeva, dopo 25 anni di lavoro e 100 numeri in catalogo, l’essenza e lo scopo della rivista che con altri (Piero e Alberto Malvolti, Riccardo Cardellicchio, Luigi Fatichi e Marco Cipollini) fondò nel lontano 1980 a Fucecchio, cittadina del Valdarno inferiore in provincia di Firenze. Dove l’abbiamo incontrato, per parlare di passato e futuro, scrittura e cultura, modernità e tradizione delle riviste letterarie.

Oggi Erba d’Arno compie 35 anni ed è ormai uno storico punto di riferimento per quanti intendono la cultura come incontro, ascolto e dialogo. Fra poesia, letteratura, arte e studi critici, questa realtà editoriale affonda le sue radici nell’esperienza del gruppo culturale Il Poggio degli anni ’60, interrotta dai rivolgimenti del ’68, dai successivi anni di piombo e della “morte dell’arte”. Intorno alla rivista è nata anche una casa editrice – Edizioni dell’Erba – che ha la sua sede nel cuore di Fucecchio, in quella che fu la casa natale di Indro Montanelli: entrare a Palazzo Doddoli è come fare un passo in un mondo saldamente ancorato a valori sempre più rari; un ritmo lento, vicino alla scansione delle stagioni; una cura delle cose che non si affida all’immediatezza, quanto alla capacità di un prodotto di durare nel tempo, come appunto Erba d’Arno, rivista-libro fortemente legata al territorio, da Toni definito «Il luogo degli autentici affetti e della coscienza critica e proprio per questo luogo di valenza universale».

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Il numero 100 della rivista Erba d’Arno

«Erba d’Arno è una rivista trimestrale, oggi compie 35 anni ma non ha subito grossi mutamenti» spiega l’editore, accogliendoci nel suo ufficio con la cortesia di un gentiluomo. «È divisa in sezioni, che raccolgono lavori firmati da numerosi collaboratori. Predilige i testi alla critica, ma ospita anche ricerche e studi. Su ogni numero presentiamo almeno un artista, corredando tutto con immagini a colori. Abbiamo redattori e collaboratori da tutta Toscana, alcuni dell’Università di Firenze. Da noi sono passati anche personaggi importanti come Carlo Betocchi o Mario Luzi, poeti dell’ermetismo».

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Un particolare della sede di Fucecchio, a Palazzo Doddoli

Dalla tradizione fiorentina Erba d’Arno ha tratto linfa vitale: «Nel ‘900 Firenze ha vissuto una fioritura di riviste culturali» spiega Toni, e snocciola i nomi di un universo scomparso; la cui eredità, oggi, sopravvive in Erba d’Arno: «Solaria, Campo di Marte, Il calendario delle pratiche solari: noi ci sentiamo i continuatori di questa tradizione».

Erba d’Arno, tuttavia, non è confinata al localismo: «La nostra tiratura è nazionale, andiamo dal Friuli alla Sicilia. I quaderni sono definiti con la massima cura, e sono fatti per durare, idea di stampo umanistico volta alla conservazione delle cose. Cerchiamo di trasmettere armonia, bellezza e precisione, sia nel formato che nei contenuti».

Inevitabile chiedere che ne sarà, nell’epoca del web, di un progetto così legato al passato e alla tradizione. Ma Aldemaro Toni non sembra intimorito dal proliferare di blog e magazine on-line, quanto piuttosto soppesare, con spirito critico, un mondo ancora in evoluzione: «Anche Erba d’Arno si adeguerà al web. Stiamo lavorando a una nuova versione del sito, dove caricheremo materiale utile per la ricerca, ma il cartaceo rimane. L’immediatezza non è sempre positiva, un libro ha più possibilità di essere letto molto tempo dopo la sua pubblicazione. Trovo l’ebook più utile per chi svolge studi: una volta si passavano ore in biblioteca, oggi digiti una parola-chiave e in un amen hai quasi tutto ciò che ti serve. È una bella cosa».

Toni ha scoperto la sua vocazione dapprima con la scrittura e la poesia, poi con il teatro. Si è formato leggendo Pietro l’Aretino, i grandi toscani del ‘900, come Pratolini e Cassola, ama Flaubert e Thomas Mann, ma si tiene lontano dalle traduzioni, preferisce gli originali o al massimo versioni col testo originale a fronte. E nella sua lunga carriera, di cambiamenti ne ha visti parecchi. Ma nonostante l’attuale crisi, il suo rimane un approccio positivo: «Quand’è nato Il Poggio la situazione culturale era ben peggiore. Si parlava solo di politica, ma chi desiderava capire il mondo cercava le risposte nella cultura». È ancora possibile, oggigiorno, trovare quelle risposte? «La letteratura può ancora fornire risposte – afferma Toni – e conserva il potere di descrivere il tempo e la realtà di un territorio. Un nostro collaboratore, ad esempio, sta lavorando per raccontare la vita di periferia, unendo flussi di coscienza e parlato: io non ne sarei in grado, la mia è più una scrittura di memoria, la quale può comunque illuminare il presente».

«Per quanto difficile possa sembrare – ribadisce Toni – in Italia, alcuni progressi, almeno in ambito culturale, li abbiamo fatti». In particolare, nella conservazione dei beni architettonici: «C’è una maggiore sensibilità verso i monumenti, i centri storici e gli affreschi. Un tempo a Firenze si poteva parcheggiare davanti al Battistero… e sembravano fisime estetiche, le nostre preoccupazioni ecologiche. Pompei è un caso particolare, lì ci vorrebbe la tecnologia a risolvere il problema. Vedo in crisi il cinema: anche lì abbiamo una grande tradizione, ma non sembriamo in grado di proporre qualcosa di altrettanto incisivo».

«Questa è un’epoca stupenda per gli strumenti che offre – conclude Toni. – Con Internet, se uno vuole, può creare un’orchestra dal nulla. Ma vedo anche una banalizzazione diffusa e molta superficialità: non so dove ci porteranno».

IOFilippo Bernardeschi

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