Critica all’opera di Millo Lasio

«Acqua. Acqua dinnanzi a me. Acqua al di fuori di me. Acqua dentro me. Acqua. Tutto è acqua e tutto scorre nell’inesorabile voragine ch’è’l tempo. E ch’è la vita. La nostra. Acqua perché sei vita, o flebile flusso placido che mi fa immergere nella candida beltà dell’infinito. Acqua perché vita togli, se tormentata da quell’onde che scherniscono gioconde l’aurea immobile che ivi ci tien fissi. E acqua, perché d’acqua i giochi tuoi li creasti prima ancor dell’avvenire, o tempo immortale che principe inizio non ha».

Queste le parole che mi vengono alla mente quando osservo un’opera del pittore Millo Lasio. Il tema spesso predominante è l’acqua e, prima di tutto, il suo valore sacrale e in un certo qual modo battesimale. È acqua per immergervisi con tutti i nostri sensi e rinascere più vivi e vividi; acqua per coprire le nostre colpe ed estinguerle come fossero effimera brezza, indiscusso sputo del peccato che non per pecca nostra ci affligge; acqua perché catartica, umile fortitudo che in noi fa nascere armonia, pace dei sensi e dei sentimenti.

In un opuscolo che Millo Lasio ha voluto gentilmente regalarmi nell’ambito di una delle sue ultime mostre in territorio toscano, il pittore scrive:

Raccolgo la mia anima
e la detergo con la lieve freschezza
dell’acqua occulta.

È proprio attorno a questa frase che orbita tutto l’universo artistico di Millo Lasio, il cui gusto raffinato predilige forme essenziali, colori dalle tenui tonalità del celeste e dell’ambrato, soggetti mistici quali per lo più monaci che appunto invitano il pubblico antistante a raccogliere il gentile invito dell’acqua ed a seguire un percorso iniziatico di purificazione dell’anima e del proprio io più profondo ed inconscio. Nella maggior parte delle opere di Lasio, è presente una sorta di roccaforte abbandonata, i cui contorni mi portano a dividere la figura suddetta in due parti: un parallelepipedo alla base ed un triangolo sovrastante; proprio il triangolo per quanto possano essere innumerevoli le correnti di pensiero che associano questa figura geometrica ad una serie infinita di significati è strettamente collegato alla rappresentazione dei quattro elementi naturali ed al rapporto tra divino ed umano, alludendo all’allegoria della sacra trinità.

In alchimia, il triangolo rovesciato sta inoltre ad indicare in particolar luogo l’acqua ed è la figura di collegamento tra il reale e l’astratto, in quanto si posiziona tra il quadrato (figura reale con meno lati e meno angoli) ed il cerchio (figura astratta con più lati e più angoli), che anch’esso ricompare più volte nei quadri del pittore e che nella dottrina filosofica dell’Eterno ritorno di Nietzsche rappresenta l’immagine del tempo: concezione del tempo non più lineare, propria del Cristianesimo e della mentalità moderna tipicamente illuministica, in cui l’attimo successivo distrugge il precedente, sfociando in una concezione strettamente edipica, bensì concezione circolare del tempo, in cui ogni attimo è destinato a ripetersi in maniera infinita. Proprio in base a questa particolare elaborazione, mi sento di ricollegare la figura del cerchio presente nelle opere di Millo Lasio con l’eterna perennità del pensiero e del sapere due tra i valori più importanti mai esistiti, accostati per l’appunto proprio alla quasi sempre presente figura del monaco eremita e solitario. Il simbolo dell’acqua, elemento naturale che per antonomasia rappresenta l’azione di dare la vita, si fonde, nelle tele di Millo, con l’artificialità ostentata di antichi monumenti ormai del tutto diroccati, in un’esemplare metafora che ci indica quanto le cose terrene siano caduche, quanto quelle apparentemente effimere e immateriali abbiano in realtà tutta l’intrinseca potenza della tanto bramata immortalità.

Alexei Matta Sergiampietri

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