Una proroga ma nessuna risposta sulla biblioteca provinciale di Pisa

Quando muore una biblioteca, chi si occupa di cultura affronta sempre un momento di dolore. Peggio di questa situazione c’è solo la lenta agonia. Ed è quanto sta succedendo alla biblioteca provinciale di Pisa, da novembre del 2015 abbandonata a se stessa, senza certezze. Dal primo di marzo 2016 è arrivata un’altra proroga, per un altro mese, sulla sua apertura a orario ridotto. Ma restano irrisolte tutte le domande sul futuro del servizio e del patrimonio.

Puntate precedenti

provinciale come servizio

Una vecchia locandina rivendica il servizio svolto

La storia è nota: la riforma Delrio di fatto ha sancito la fine delle province come enti; mentre la legge regionale di riordino ha fatto sì che la Toscana riprendesse alcune funzioni perse dalle precedenti istituzioni. Ma essa non menziona la cultura che resta a risorse zero. Pisa ha una biblioteca provinciale all’interno del complesso Marchesi, che offre spazi, servizi (emeroteca, consultazione di microfilm, internet, fotocopie) e possiede un patrimonio notevole (85 mila volumi, di cui 35 mila sono monografie e il resto riviste). A fronte di tutto questo anche il bilancio provinciale di previsione 2016, non ancora approvato, stanzia zero euro.

Così il 30 ottobre dell’anno scorso è arrivato l’accordo ponte per la salvezza provvisoria, dopo una mobilitazione dal basso che aveva coinvolto oltre 900 cittadini firmatari di un appello: dal primo novembre due impiegati sono andati in pensione e altre otto unità di personale – fino a qual momento in carico alla Provincia – sono passate all’Università per sei mesi, prorogabili. “Risolta” solo fino alla fine di aprile prossimo la sorte dei lavoratori, resta aperta la questione della struttura: la mediazione trovata consiste nell’apertura a tempo ridotto dello spazio nel quartiere Cisanello. Infatti il personale comandato presta metà servizio nel luogo di lavoro da cui proviene e l’altra metà nelle biblioteche universitarie a cui è stato destinato grazie all’accordo. Il gioco è durato la prima volta fino al 31 dicembre 2015, poi prorogato al 29 febbraio 2016. Ora la nuova proroga di un altro mese, giunta all’ultimo secondo utile.

Sguardo in avanti

La nuova biblioteca

Un rendering della nuova sede in via Gioberti

Qual è il futuro della biblioteca provinciale? Nessuno lo sa o, meglio, nessuno risponde. Perché la grande incognita e i grandi appetiti ruotano intorno alla nuova sede di via Gioberti a Pisa: il progetto nato e in parte finanziato ai tempi della Provincia viva e vegeta, oggi sconta tutto il “peso” del portafoglio vuoto e senza padrone. La nuova sede è stata consegnata, ma non è ancora arredata: di notte è bellissimo passarle davanti, perché le vetrate sono illuminate da fasci colorati che cambiano tonalità, dall’arancione al blu. Sembra un corpo vivo, eppure è chiuso. Chi ne prende la proprietà? Chi lo paga? A quale utenza sarà rivolto (universitari o tutti)? E che fine fa il patrimonio?

Questioni irrisolte

I bene informati assicurano che Provincia e Ateneo avevano definito ogni dettaglio; ma qualcuno ha alzato la posta e il tavolo è saltato. A complicare il tutto, c’è anche il fatto che la biblioteca “malata terminale” era uno dei fulcri sia della rete provinciale Bibliolandia che del sistema bibliotecario cittadino, che conta realtà come Casa della Donna, Serantini (abbiamo già parlato delle sue difficoltà), Nord Sud e la biblioteca comunale Sms. Gli altri enti coinvolti hanno voce in capitolo sulla vicenda? E quanto soffriranno di un’eventuale chiusura del servizio attualmente già dimezzato?

Ci vorrebbe un piano organico, ma nessuno riesce a imporlo ai due attori litiganti. Ci sono iniziative istituzionali e politiche, richieste di cittadini e domande di giornalisti. Almeno per conoscere la verità. Provincia e Ateneo per ora non rispondono.

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One comment to “Una proroga ma nessuna risposta sulla biblioteca provinciale di Pisa”
  1. leggere certi articoli fa sempre male ; per la cultura si dovrebbe sempre investire , invece si assiste sempre allo scarica barile ,per quello che i politici rubano in Italia basterebbe una centesima parte del mal tolto per risolvere per sempre il problema dell’arte e della cultura nella nostra bella Italia

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