Adèle H: tra amore e follia

Adèle H. – Una storia d’amore (L’histoire d’Adèle H.), François Truffaut, 1975

ADELE H. UNA STORIA D'AMORE - Italian Poster 1

piccolaNel mese dedicato alla follia riprendiamo un film di François Truffaut del 1975, Adèle H. – Una storia d’amore, dove la follia è il mare nel quale naufraga uno dei personaggi più tragicamente romantici e inquieti del cinema europeo: la Adèle Hugo interpretata da una bellissima Isabelle Adjani.

1863, ad Halifax, Nuova Scozia, sbarca una giovane ragazza francese che ha attraversato l’oceano decisa a prendersi il suo sogno d’amore Pinson, un giovane tenente inglese. Il soggiorno canadese della figlia dell’uomo più celebre del mondo si rivela tutt’altro che la storia a lieto fine di un amore oltreoceano. Il rifiuto dell’oggetto delle sue aspirazioni romantiche e di indipendenza, il fantasma della sorella Lèopoldine morta annegata, il rapporto col padre e col nome che porta, condurranno Adèle in una tragica, inesorabile, allucinante discesa rimbaudiana fino alla follia.

adele

Truffaut, terminato il film, sosteneva di aver confezionato un “uovo di avorio”, un’opera, un oggetto che, al di là di un gusto personale, è un’entità omogenea: “coerente, impenetrabile e senza asperità”. Confermando quella letteraria come principale fonte di ispirazione, era venuto a conoscenza della storia della figlia minore di Victor Hugo anni prima, grazie all’opera di decifrazione dei diari di Adèle Hugo da parte di una docente universitaria americana, Frances Vernor Guille. Truffaut, regista dichiaratamente interessato al “regno dei sentimenti”, si era da subito appassionato a un “personaggio senza chance, destinato a un inesorabile naufragio”. Un personaggio terribilmente solo e al tempo stesso legato a quella che all’epoca era una delle personalità più influenti al mondo. Regista di storie di amore memorabili in film come Jules e Jim e Le due inglesi, Truffaut, sull’aspetto solitario del film, dichiarò che dopo aver girato storie d’amore a due e a tre personaggi, considerava appassionante il tentativo di descrivere un unico personaggio divorato da una passione a senso unico. Tra i cinque figli di Hugo, Adèle è quella meno menzionata nelle memorie paterne. Su di lei gravano l’ombra e il ricordo della morte della figlia prediletta Léopoldine, annegata durante una gita in barca assieme al marito che perse la vita nel tentativo di salvarla. Il sogno del matrimonio con un soldato inglese, uomo non approvato dal padre, e la conseguente liberazione dall’ingombrante patronimico, rappresentano per Adèle la sola possibilità di affermazione e di indipendenza, di liberazione dai suoi fardelli. Se il titolo originale L’histoire d’Adèle H. ha subito una modifica nella traduzione italiana Adele H. – Una storia d’amore, l’amore non è tanto la destinazione di Adèle, quanto il suo mezzo di affermazione, come donna e come figlia.

Una costante del cinema truffautiano, il dualismo maschile-femminile, si manifesta in Adèle H. in due diversi rapporti archetipici tra uomo e donna, ed è dipinta dal regista all’insegna di una spiazzante differenza di sensibilità tra i generi. Pinson, fuggente oggetto dei desideri, vanitoso e superficiale giovanotto inglese, e Adèle, inseguitrice più che romantica, oltre-romantica al punto di superare il limite della “normalità”. Truffaut, con l’interpretazione di Isabelle Adjani, porta avanti un percorso di espressività che si intravedeva già nella Muriel interpretata da Stacey Tendeter ne Le due inglesi. Uno degli aspetti più innovativi per il genere di Adèle H. risiede nell’intensità dei primi piani. Una tendenza che permane tuttora in un certo tipo cinema e in certi sceneggiati televisivi è quella per cui, in film dove si ha una ricostruzione d’epoca, si privilegiano le inquadrature degli ambienti e delle figure intere. Truffaut si discosta da questa tendenza regalandoci primi piani degli occhi celesti della Adjani che esprimono l’inesprimibile. Racchiudono al tempo stesso il sogno di uno sguardo affranto di bambino separato dai propri desideri e la consapevolezza, forse innata, dell’inesorabile distruzione. Quando Truffaut scoprì la giovane attrice in un melodramma televisivo rimase folgorato dalla sua naturale espressività. Si narra che durante le riprese delle scene più intense l’interpretazione della Adjani suscitasse il pianto delle truccatrici della troupe. La scelta di un’attrice molto bella, più giovane del personaggio reale, è indirizzata a non limitatare la visione dello spettatore, che potrebbe attribuire a motivazioni fisiche la rinuncia di Pinson. Quando si verifica il fugace equivoco per cui Adèle, camminando per strada, confonde un altro soldato col bramato tenente, appare il regista in un cammeo. Truffaut si volta, scruta Adèle con uno sguardo che porta con sé un tourbillon di compassione, affetto e autobiografismo. Come se leggendo i diari Truffaut vi si fosse appassionato al tal punto da girare un film su di lei solo per quello sguardo. Per il desiderio di trovarsi alla distanza di una carezza da una donna che forse avrebbe amato, o che ha amato.

Adele e Truffaut

Se le lettere originali di Adèle Hugo erano scritte in codice, Truffaut si prende la libertà di variare anche questo aspetto, e scrive, per Adèle, una lettera alle donne, sorelle, del ventesimo secolo. La forza dell’ossessione romantica che spinge Adèle porta alla degenerazione degli intenti e della mente della protagonista. Se l’idea fissa e incontaminata di matrimonio coincide con l’unica possibilità di autoaffermazione di una donna, tramite un non-matrimonio il regista mostra iperbolicamente un aspetto umiliante del matrimonio stesso, che cozza con la connotazione di libertà associata all’amore di Adèle. In un crescendo di trucchi, bugie e uso di false identità la protagonista rinuncia progressivamente alla sua persona, ai suoi averi, alla sua dignità di donna, fino a perdere di vista completamente il suo desiderio originale, fino alla follia. Il naufragio e la deriva romantica di Adèle la conducono là dove i capi dell’esercito britannico hanno stanziato il reggimento di Pinson, alle isole Barbados. Qua la luce delle inquadrature in esterna ci acceca dopo che i nostri occhi si sono abituati al buio degli interni nell’inverno canadese. La luce folgorante dell’atto finale ci mostra un’ Adèle sconfitta che vaga per strada, derisa dai bambini, che trova sostegno in una grande donna nera, Madame Baa. Questa figura materna, riconoscendo in Adèle la figlia di Hugo, uomo che ha lottato per la libertà, contatterà la famiglia della ragazza per riportarla a casa.

Nel cinema di Truffaut, L’histoire d’Adèle H. è forse uno dei suoi film meno noti in Italia, a discapito di capolavori come I quattrocento colpi, Jules e Jim e Fahrenheit 451. E’ per questo un film da vedere, o da rivedere, come un grande classico. Un film in grado di traghettarci ogni volta lontano, col grande mistero della sua tormentosa deriva di affetti ed emozioni.

Leo D’Arrigo

Bibliografia:

Barbera A., Mosca U., François Truffaut, Il Castoro, Milano, 1995

Giacci V., François Truffaut, Bulzoni Editore, Roma, 1995

Malanga P., Tutto il cinema di Truffaut, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2008

Tomas Ticciati
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